...perchè la sicurezza è cosa di tutti...

Autore: direzionesicura

L’evoluzione normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro in Italia

Vi siete mai chiesti da quanto tempo esiste la normativa inerente alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in Italia?

Le prime normative risalgono agli anni ’50 con i DPR 547/55 “Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro” e DPR 303/56 “Norme generali per l’igiene sul lavoro”.

La Prevenzione era basata su direttive per:

  • per ogni pericolo una misura di prevenzione;
  • difficoltà ad adeguarsi al progresso tecnologico;
  • logica ‘oggettiva’ della sicurezza, basata solo sui requisiti tecnici di macchine, impianti, edifici;
  • scarsa valorizzazione degli aspetti organizzativi e gestionali;
  • accentramento di tutti gli obblighi di prevenzione sul datore di lavoro, senza prevedere uno staff a suo sostegno.

Si ricorda inoltre lo Statuto dei Lavoratori ( Legge 300/70) con le “norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale, dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e sul collocamento”, dove all’articolo 9 si indicava che “i lavoratori, mediante le loro rappresentanze, hanno il diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro integrità fisica”.

Si ricorda poi della Riforma Sanitaria (Legge 833/78), dell’Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (Unità Sanitarie Locali, Attività di prevenzione, Organizzazione dei servizi di prevenzione, Norme in materia di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita e di omologazioni, …) e della successiva normativa di derivazione comunitaria, ad esempio:

  • D.Lgs. 277/91: Protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione a piombo, amianto, rumore;
  • D.Lgs. 626/94: Miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro;
  • D.Lgs. 459/96: Caratteristiche di sicurezza delle macchine;
  • D.Lgs. 494/96: Sicurezza nei cantieri temporanei o mobili;
  • D.Lgs. 230/95 e D.Lgs. 257/01: Radioprotezione dei lavoratori e della popolazione.
Fonte:pixabay

E’ doveroso approfondire alcune peculiarità del D.Lgs. 626/94 e delle nuove direttive CEE, che hanno introdotto:

  • Prevenzione basata su procedure (valutazione dei rischi e programmazione delle misure di tutela);
  • Valorizzazione della prevenzione soggettiva, basata sulla responsabilizzazione personale dei soggetti coinvolti (datore di lavoro, lavoratore);
  • Organizzazione del sistema di sicurezza basato su più soggetti aziendali (RSPP, RLS, Addetti alle misure di emergenza, coordinatori per la progettazione ed esecuzione lavori edili, …);
  • Gestione della sicurezza aziendale come parte integrante del sistema produttivo;
  • Riconoscimento delle situazioni di rischio derivanti dal rapporto uomo-macchine/ambiente/sostanze pericolose.

Ma come si è arrivati alla cosiddetta “bibbia” dei Datori di lavoro e consulenti sulla sicurezza ovvero al Decreto Legislativo 81/2008 e perché ?

Incidente Thyssen Krupp di Torino Fonte Web

Sicuramente in relazione e alle attività di monitoraggio sull’applicazione del decreto 626/94 e anche dopo il gravissimo incidente alla ThyssenKrupp di Torino fra il 5 e il 6 dicembre 2007.

Il 9 aprile del 2008 in attuazione dell’articolo 1 della legge del 3 agosto 2007 è stato pubblicato il il cosiddetto Testo Unico sulla Sicurezza.

Il testo unico ha accorpato tutte le normative precedenti in termini di sicurezza sul lavoro e indica ciò che è necessario fare per essere in regola dal punto di vista della prevenzione degli infortuni e della tutela della salute fisica e mentale negli ambienti di lavoro.

Il testo contiene anche le indicazioni riguardo alla valutazione dei rischi sanitari, il primo soccorso e antincendio e si rivolge ai datori di lavoro e lavoratori, concentrandosi su responsabilità, prassi e comportamenti da adottare.

Il testo riguarda tutte le aziende in cui sia presente almeno un lavoratore dipendente o un soggetto equiparato, quindi tutte le imprese con lavoratori subordinati, le società senza dipendenti ma con un socio che lavora in azienda e le imprese familiari.

Il Testo Unico sulla Sicurezza fa riferimento anche ad altre norme, come l’articolo 2050 del codice civile, che parla della responsabilità per l’esercizio delle attività pericolose, o dell’articolo 2087, che impone all’imprenditore di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori.

Il Decreto legislativo n. 81 è formato da 13 Titoli

Fonte: D.lgs. 81/2008

Il decreto legislativo 81/08 prevede diversi adempimenti obbligatori, come redigere il documento di valutazione dei rischi, formare e nominare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione aziendali, formare i lavoratori al primo soccorso e prevenzione incendi e designare un medico competente per effettuare la sorveglianza sanitaria.

Molte novità introdotte con il decreto legislativo 81/2008 riguardano il campo di applicazione e le tipologie di lavoratore:

  • “Lavoratore subordinato con o senza retribuzione;
  • Soggetto che svolge un’attività nell’ambito dell’organizzazione del DdL;
  • Socio lavoratore di società o cooperative anche di fatto che presti la propria opera per conto dell’ente stesso;
  • Associato in partecipazione il cui apporto consiste in prestazioni d’opera nell’ambito della organizzazione stessa;
  • Beneficiario di tirocini formativi e di orientamento professionale o di alternanza studio-lavoro;
  • Studente di ogni ordine e grado o il partecipante a corsi di formazione ove si faccia uso di laboratori, agenti chimici, fisici o biologici e attrezzature in genere compreso i VDT;
  • Volontari delle varie associazioni compresi quelli dei Vigili del Fuoco o della Protezione Civile;
  • Lavoratori socialmente utili;
  • Lavoratori autonomi (si applicano solo gli art. 21 e 26);
  • Componenti dell’impresa familiare (si applica l’articolo 21)”.

Altre novità riguardano il regolamento per le attribuzioni dei poteri, dei doveri e delle responsabilità all’interno di strutture complesse, con la specifica descrizione delle figure della sicurezza e la possibilità del datore di attuare la “delega di funzioni”.

La normativa è in costante aggiornamento e per fortuna è molto dinamica. Può risultare difficile stare al passo con le novità ma questo fa parte del nostro lavoro. Non bisogna mai dare nulla per scontato ed è necessario aggiornarsi in continuazione, in primis per poter essere in linea con il mondo del lavoro che, per fortuna, si evolve anche in termini di sicurezza ed in secondo luogo, perché aggiornarsi è un obbligo se si vuole operare in questo ambito.

La Percezione del Rischio

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La percezione del rischio è personale: decidiamo di affrontare o evitare la situazione di rischio in modo soggettivo. Ogni nostra attività quotidiana, è basata sulla percezione che noi abbiamo del rischio ed è il frutto di una sua conscia (o inconscia) valutazione. Il processo percettivo del rischio è poi fortemente influenzato dalle emozioni generate nel momento in cui scopriamo ed impariamo un nuovo pericolo e quale possibile danno può arrecarci.

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Ad esempio, un possibile pericolo è che il lavoratore ritenga di avere sotto controllo la situazione solo perché da molto tempo non si sono verificati incidenti.

La percezione individuale

La percezione individuale del rischio è influenzata da abitudini ed esperienze pregresse: l’individuo tende a sottovalutare i rischi connessi alle abitudini di lavoro (es. il mancato utilizzo di DPI), i rischi che si presentano quotidianamente (es. allestimento di un ponteggio) e quelli a bassa probabilità (es. crollo del ponteggio); si basa sull’esperienza personale o di altri; varia in rapporto all’accettabilità collettiva del rischio, che si modifica nel tempo, nei luoghi, nei gruppi di lavoro, nelle culture ed in rapporto ai valori personali e culturali, all’età, al sesso.

Tra i principli fattori che appunto influenzano la percezione individuale del rischio, ci sono sicuramente:

Fiducia
Rischio e Beneficio
Controllo
Libertà di scelta
Naturale o creato dall’uomo
Gravità delle conseguenze
Catastrofico o Cronico
Incertezza

Inoltre la percezione è influenzata anche dalle caratteristiche del “danno” o “evento” che deriva dal comportamento ritenuto a rischio, per esempio, il  fatto che  l’eventuale danno sia collocato in un lontano futuro, rende minore l’impatto emotivo del rischio (si pensi al fumo).

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La cultura della sicurezza e della formazione

La sicurezza va intesa come parte integrante di tutti gli aspetti. Questa comprende i processi organizzativi, le pratiche professionali, le norme scritte, le convenzioni informali, i linguaggi, i modi di pensare, di percepire e di rappresentare il rischio nell’azienda.
Chi gestisce l’azienda deve passare, dall’ottica di adempimento schematico e rituale delle leggi, ad un approccio condiviso di lavorare in sicurezza. Non favorire il benessere all’interno della struttura significa generare, a tutti i livelli, alibi che convergono verso soluzioni “comode” e non sicure.
Soprattutto la mera informazione non genera cambiamento nelle prospettive personali e l’applicazione di sanzioni disciplinari come punizione non può essere considerato il solo e unico strumento di costruzione di comportamenti sicuri. La percezione della cultura della sicurezza si ottiene soprattutto quando i dipendenti credono nella “mission” e la sicurezza viene “vissuta” giorno per giorno.
Quest’aspetto si intreccia a pieno titolo con il discorso della formazione, poiché maggiore è la percezione di attenzione generale e maggiore sarà la possibilità che i dipendenti apprendano le procedure di sicurezza.

Gli atteggiamenti individuali

La percezione del rischio è un processo cognitivo che condiziona le attività e gli atteggiamenti degli individui. I comportamenti sicuri, attuati nell’ambito del proprio lavoro, condizionano la vita quotidiana in molti dei suoi aspetti.
Eccezion fatta per alcuni meccanismi ritenuti oggettivi, la percezione del rischio è condizionata da una valutazione soggettiva del pericolo (propensione al rischio).

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Può infatti, capitare che lo stesso episodio venga percepito in maniera differente dalle persone. Nello svolgimento della propria attività lavorativa, c’è chi sovrastima il rischio a cui è esposto e chi invece tende a sottovalutarlo (illusione di sicurezza).
In generale c’è la tendenza a sottostimare il rischio di eventi con conseguenze di lieve o media gravità ma con alta probabilità di accadimento, e ad esagerare il rischio di eventi con conseguenze molto gravi ma con bassa probabilità di accadimento.
Un caso a parte risulta essere quello di chi ha avuto un’esperienza personale di infortunio, poiché episodi di questo tipo comportano un aumento della percezione del rischio e un calo della soddisfazione verso le misure di sicurezza adottate sul posto di lavoro.

Le differenze legate al tipo di lavoro

Analizzando la percezione del rischio in base a fattori come il tipo di occupazione svolta, il tipo di contratto lavorativo, l’esperienza maturata e le conoscenze possedute, il primo dato che emerge è che i lavoratori con mansioni non decisionali sarebbero più inclini agli infortuni rispetto ai lavoratori con più responsabilità e con incarichi superiori.
Anche le differenze di tipo contrattuale influenzano la percezione del rischio di ciascun lavoratore. Chi ha un contratto a tempo determinato tende ad avere una bassa considerazione dei rischi legati al proprio lavoro. I lavoratori a tempo indeterminato, invece, risultano avere una percezione del rischio maggiore e a mantenere un livello d’attenzione alto.
All’interno di questa analisi vanno considerati anche i lavoratori immigrati, che nel Paese ospitante sono spesso costretti ad accettare mansioni a più alto rischio e condizioni di lavoro più disagiate o pericolose (lavoro “a nero”, orari prolungati, straordinari). Rispetto ad altri dipendenti non ricevono un’adeguata formazione sulla sicurezza, con la conseguente mancanza di conoscenza dei rischi a cui sono esposti e una maggiore propensione agli infortuni.

Le differenze di genere

La cultura della sicurezza e la percezione del rischio sono valutate in maniera differente anche in base al sesso del lavoratore. Se vengono poste le stesse domande sulla sicurezza a lavoratori di genere differente, vedremo che le risposte non saranno le stesse. Le donne, infatti, risultano avere una maggiore sensibilità nella percezione del rischio rispetto agli uomini.

Probabilmente per il cosiddetto “istinto materno” che le contraddistingue, le donne riescono a raggiungere un maggior livello di partecipazione e coinvolgimento rispetto alle dinamiche sulla sicurezza nel posto di lavoro.

Le differenze legate all’età

In base all’età, si riscontra una maggiore incidenza di infortuni tra la popolazione lavorativa giovane, rispetto a quella più anziana. Questo fenomeno non è sempre dovuto alla disattenzione o all’impulsività, quanto invece, più frequentemente, alla poca esperienza professionale.
La scarsa propensione ad assumere comportamenti sicuri sul posto di lavoro da parte dei giovani, è dovuta a una minore presa di coscienza delle conseguenze che i determinati atteggiamenti possono avere poiché comporterebbe un cambiamento del proprio stile di vita.

I “near miss”

È evidente che gli incidenti rappresentino una miniera di informazioni vitale per la prevenzione degli infortuni.
In particolare la raccolta di dati e di informazioni sulla moltitudine di “quasi infortuni” che accadono in un’azienda, può favorire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e la scelta di politiche di prevenzione più efficaci.

Ai “near miss” (i quasi infortuni), ad esempio un’attrezzatura che cade (senza colpire nessuno) in un zona di passaggio dei lavoratori, viene infatti riconosciuto il ruolo di precursori di incidenti più gravi; un’attenta investigazione di tali eventi può quindi fornire indicazioni efficaci sui possibili interventi migliorativi, tecnici e gestionali nelle aziende.

In conclusione

Quando si parla di incidenti, le cause sono principalmente due e di solito sono contemporanee:
– la causa prossima: una manovra sbagliata, una disattenzione, una scivolata, un guasto della macchina;
– la causa remota: cattiva organizzazione del lavoro, inadeguata formazione e informazione, errata valutazione del rischio, mancanza di una cultura della
sicurezza.

La tutela della salute è la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Il testo unico definisce la salute come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza
di malattia o d’infermità.

La tutela della sicurezza quindi, comprende tutte le misure di prevenzione e protezione contro gli infortuni.

Lo staff di direzionesicura

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(per questo articolo si ringrazia A., uno dei nostri primi docenti)

Il Servizio di Prevenzione e Protezione

Articolo in evidenza

Oggi vediamo quali compiti gli sono affidati e come è composto il Servizio di Prevenzione e Protezione.

Fonte : pixabay.com

L’articolo 31 del D.lgs. 81/2008 tratta il Servizio di Prevenzione e Protezione dove, nello specifico, il datore di lavoro organizza il servizio all’interno della azienda o della unità produttiva o incarica persone o servizi esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro.

Chi ne fa parte?

Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, devono possedere le capacità e i requisiti professionali contenute all’articolo 32, devono essere in numero sufficiente rispetto alle caratteristiche dell’azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati allo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della attività svolta nell’espletamento del proprio incarico. Nell’ipotesi  di  utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l’azione di prevenzione e protezione del servizio.

Il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti   che, all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 32 del D.lgs. 81/2008 che tratteremo più avanti. Se il datore di lavoro ricorre a persone o servizi esterni non è comunque esonerato dalla propria responsabilità in materia.

Quando è obbligatorio

L’istituzione del servizio di prevenzione e protezione all’interno dell’azienda, ovvero dell’unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:

  • nelle aziende industriali di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.  334, e successive modificazioni, soggette all’obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
  • nelle centrali termoelettriche;
  • negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n.  230, e successive modificazioni;
  • nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
  • nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
  • nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
  • nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.

Nei summenzionati casi il responsabile del servizio di prevenzione e protezione deve essere interno.

Nei casi di aziende con più unità produttive nonché’ nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione.

I datori di lavoro possono rivolgersi a tale struttura per l’istituzione del servizio e per la designazione degli addetti e del responsabile.

Fonte : pixabay.com

I requisiti del personale

L’articolo 32 del D.lgs.81/2008 contiene i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni i quali devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative.

Per lo svolgimento delle funzioni da parte degli addetti al servizio, è necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonché di un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al precedente periodo, è necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato di cui all’articolo 28, comma 1 del D.lgs. 81/2008, di organizzazione e gestione delle attività tecnico amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali.

I corsi di cui ai periodi precedenti devono rispettare in ogni caso quanto previsto dall’Accordo sancito il 26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e successive modificazioni. Possono altresì svolgere le funzioni di responsabile o addetto coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio indicato al comma 2 dell’articolo 32, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi secondo quanto previsto dall’Accordo di cui al comma 2.

I corsi di formazione di cui al comma 2 dell’articolo 32,sono organizzati dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, dalle università, dall’ISPESL, dall’INAIL, o dall’IPSEMA per la parte di relativa competenza, dal Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, dall’amministrazione della Difesa, dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e dalle altre Scuole superiori delle singole amministrazioni, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori o dagli organismi paritetici, nel rispetto dei limiti e delle specifiche modalità ivi previste, ulteriori soggetti formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Coloro che sono in possesso di laurea in una delle seguenti classi: L7, L8, L9, L17, L23, e della laurea magistrale LM26 di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O. alla G.U. n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel S.O. alla G.U. n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero nella classe 4 di cui al decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica in data 2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla G.U. n. 128 del 5 giugno 2001, ovvero di altre lauree e lauree magistrali riconosciute corrispondenti ai sensi della normativa vigente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, su parere conforme del Consiglio universitario nazionale ai sensi della normativa vigente, sono esonerati dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2 dell’articolo 32 del D.lgs.81/2008, primo periodo.

Ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. In tutti i casi di formazione e aggiornamento, previsti dal decreto legislativo 81/2008, in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, a quelli previsti per il responsabile e per gli addetti del servizio di prevenzione e protezione, è riconosciuto credito formativo per la durata ed i contenuti della formazione e l’aggiornamento corrispondenti erogati. Gli istituti di istruzione e universitari provvedono a rilasciare agli allievi equiparati ai lavoratori, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), e dell’articolo 37, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 81/2008, gli attestati di avvenuta formazione sulla salute e sicurezza sul lavoro. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo gli indirizzi definiti nell’Accordo Stato-Regioni cui fa riferimento il comma 2 dell’articolo 32 D.lgs. 81/2008.

 Negli istituti di istruzione, di formazione professionale e universitari e nelle istituzioni dell’alta formazione artistica e coreutica, il datore di lavoro che non opta per lo svolgimento diretto dei compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dei rischi designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, individuandolo tra:

  • il personale interno all’unità scolastica in possesso dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari a tal fine disponibile;
  • il personale interno ad una unità scolastica in possesso dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari disponibile ad operare in una pluralità di istituti.

 In assenza del personale summenzionato, gruppi di istituti possono avvalersi in maniera comune dell’opera di un unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in via prioritaria con gli enti locali proprietari degli edifici scolastici e, in via subordinata, con enti o istituti specializzati in materia di salute e sicurezza sul lavoro o con altro esperto esterno libero professionista. Comunque sia  il datore di lavoro che si avvale di un esperto esterno per ricoprire l’incarico di responsabile del servizio deve comunque organizzare un servizio di prevenzione e protezione con un adeguato numero di addetti.

Fonte : pixabay.com

E’ opportuno specificare che il Responsabile del servizio prevenzione e protezione coordina addetti ed attrezzature del servizio e dunque i vari compiti che deve svolgere, i quali sono contenuti nell’articolo 33.

I compiti

Vediamo dettagliatamente  i compiti affidati al servizio di prevenzione e protezione, dai rischi professionali il quale provvede:

  • all’individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell’organizzazione aziendale;
  • ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e protettive di cui all’articolo 28, comma 2 del D.lgs.81/2008, e i sistemi di controllo di tali misure;
  • ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;
  • a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
  • a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui all’articolo 35;
  • a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all’articolo 36 del D.lgs. 81/2008.

 I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle funzioni.

Lo Staff di direzionesicura

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Il Burnout

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Il termine inglese “burnout” può essere tradotto letteralmente in “bruciato”, “fuso” ed indica una condizione d’esaurimento emotivo derivante dallo stress dovuto alle condizioni di lavoro e a fattori della sfera personale ed ambientali.

fonte web

Dove nasce il burnout?

Il fenomeno fu studiato per la prima volta negli Usa da Herbert Freudenberger che nel 1974 pubblica il primo articolo sull’argomento (“Staff
burnout” in: Journal of Social Issues) in cui denomina burnout un quadro sintomatologico individuato in operatori di servizi sanitari (infermieri e
medici) particolarmente esposti allo stress conseguente al rapporto diretto e continuativo con un’utenza disagiata.

Successivamente C. Maslach (1976) descrive il burnout come malattia
professionale specifica degli operatori dell’aiuto (personale ospedaliero,
assistenti sociali, insegnanti), che colpisce soprattutto quelli più motivati e
con aspettative maggiori riguardo al lavoro.

In anni più recenti, sono state molte le conseguenze attribuite al fenomeno:

  • reazioni d’esaurimento emotivo a carichi di lavoro percepiti come eccessivi;
  • perdita di interesse per le persone con cui si lavora in risposta allo stress lavorativo;
  • disaffezione al proprio lavoro caratterizzato da delusione, insofferenza, intolleranza, sensazione di fallimento, perdita di interesse e di entusiasmo.

Può colpire chiunque!

Occorre però precisare che il burnout non colpisce solo le persone impegnate in professioni socio sanitarie, tutte le attività lavorative implicano contatti interpersonali e quindi un certo livello di tensione.

Cosa succede a livello comportamentale?

L’individuo affetto da burnout svilupperà una o più reazioni comportamentali come quelle di seguito descritte:

  • Profonda sensazione di stanchezza sia fisica che emotiva
  • Atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti interpersonali
  • Forte sentimento di frustrazione per mancata realizzazione delle
    proprie aspettative
  • Anedonia

a livello organizzativo invece…

  • Aumento dell’assenteismo
  • Aumento del turnover
  • Calo della performance
  • Calo della qualità del servizio
  • Calo della soddisfazione lavorativa

In sintesi…

Che siate esposti al pubblico o meno, che lavoriate nel sociale, in ambito sanitario o qualunque lavoro voi facciate, ricordate che l’eccessiva percezione dei carichi lavorativi, la sensazione di essere in perenne ritardo o non soddisfatti di come si lavori, a lungo fa molto male…bisogna parlare con chi ci sta intorno e far si che il lavoro resti il mezzo per condurre una vita serena e non l’unica ragione di vita come la società attuale ci sta portando a credere.

Lo Staff di direzionesicura

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Medico competente e sorveglianza sanitaria

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Chi è il medico competente?

Fonte: www.pixabay.com image free

Il Testo unico in materia di salute e sicurezza indica titoli e requisiti che deve possedere il medico competente attraverso l’articolo 38. I medici per poter svolgere le funzioni da medico competente devono necessariamente possedere uno dei seguenti titoli o requisiti:

  • specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica;
  • docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro;
  • autorizzazione di cui all’articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
  • specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina legale;
  • con esclusivo riferimento al ruolo dei sanitari delle Forze Armate, compresa l’Arma dei carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, svolgimento di attività di medico nel settore del lavoro per almeno quattro anni.

E’ opportuno specificare che i medici in possesso di specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina legale, sono inoltre tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari tranne per quei medici che alla data del 9 aprile 2008 svolgano l’attività di medico competente o dimostrino di avere svolto tali attività per almeno un anno nell’arco dei tre anni antecedenti al 9 aprile 2008.

Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente è altresì necessario partecipare al programma di educazione continua in medicina, ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e successive modifiche e integrazioni, a partire dal programma triennale successivo all’entrata in vigore del decreto legislativo 9 aprile 2008 n.81. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti summenzionati sono iscritti nell’elenco dei medici competenti istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

L’attività di medico competente è svolta secondo i principi della medicina del lavoro e del Codice etico della Commissione internazionale di salute occupazionale (ICOH). Il medico competente svolge la propria mansione in qualità di:

a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o privata, convenzionata con l’imprenditore;

b) libero professionista;

c) dipendente del datore di lavoro.

Attenzione però, perché il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di medico competente.

Il datore di lavoro inoltre, assicura al medico competente le condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone l’autonomia. Il medico competente può avvalersi, per accertamenti diagnostici, della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.  Nei casi di aziende con più unità produttive, nei casi di gruppi d’imprese nonché qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità, il datore di lavoro può nominare più medici competenti individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento.

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Chiarito chi è il medico competente e quali sono i requisiti che deve avere per svolgere tale mansione vediamo adesso in cosa consiste la sorveglianza sanitaria.

Sorveglianza sanitaria

La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico competente nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva che vedremo più avanti o qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.

La sorveglianza sanitaria comprende:

  • visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato, al fine di valutare la sua idoneità alla mansione specifica;
  • visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l’anno. Tale periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in funzione della valutazione del rischio. L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico competente;
  • visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell’attività lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;
  • visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare l’idoneità alla mansione specifica;
  • visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente;
  • visita medica preventiva in fase pre-assuntiva;
  • visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l’idoneità alla mansione.

Le visite mediche preventive possono essere svolte in fase pre-assuntiva, su scelta del datore di lavoro, dal medico competente o dai dipartimenti di prevenzione delle ASL. La scelta dei dipartimenti di prevenzione non è incompatibile con le disposizioni dell’articolo 39, comma 3. Del D.lgs. 81/2008.

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Le visite mediche summenzionate non possono essere effettuate per accertare stati di gravidanza e negli altri casi vietati dalla normativa vigente.

Le visite mediche sono a cura e spese del datore di lavoro e comprendono gli esami clinici, biologici e indagini diagnostiche mirate al rischio, ritenuti necessari dal medico competente.

Nei casi ed alle condizioni previste dall’ordinamento, le visite di cui al comma 2, lettere a), b), d), e-bis) e e-ter) dell’articolo 41 del D.lgs. 81/2008 sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella sanitaria e di rischio di cui all’articolo 25, comma 1, lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell’ALLEGATO 3A del D.lgs.81/2008 e predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall’articolo 53 del medesimo D.lgs.

 Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite mediche, esprime uno dei seguenti giudizi relativi alla mansione specifica:

  • idoneità;
  • idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
  • inidoneità temporanea;
  • inidoneità permanente.

Per tutti i giudizi relativi alla mansione, il medico competente esprime il proprio giudizio per iscritto, dando copia del giudizio medesimo al lavoratore e al datore di lavoro. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità temporanea dovrà precisare i limiti temporali di validità. Avverso i giudizi del medico competente ivi compresi quelli formulati in fase pre-assuntiva è ammesso ricorso, all’organo di vigilanza territorialmente competente, entro trenta giorni dalla data di notifica del giudizio il quale dispone dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.

Il Medico competente è una delle figure chiave dell’organizzazione, un cardine anche nella valutazione dei rischi e nella stesura del D.V.R.

La sorveglianza sanitaria, allo stesso modo, è uno strumento a favore del lavoratore e a salvaguardia della tutela della salute dello stesso.

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