Il termine inglese “burnout” può essere tradotto letteralmente in “bruciato”, “fuso” ed indica una condizione d’esaurimento emotivo derivante dallo stress dovuto alle condizioni di lavoro e a fattori della sfera personale ed ambientali.
Dove nasce il burnout?
Il fenomeno fu studiato per la prima volta negli Usa da Herbert Freudenberger che nel 1974 pubblica il primo articolo sull’argomento (“Staff
burnout” in: Journal of Social Issues) in cui denomina burnout un quadro sintomatologico individuato in operatori di servizi sanitari (infermieri e
medici) particolarmente esposti allo stress conseguente al rapporto diretto e continuativo con un’utenza disagiata.
Successivamente C. Maslach (1976) descrive il burnout come malattia
professionale specifica degli operatori dell’aiuto (personale ospedaliero,
assistenti sociali, insegnanti), che colpisce soprattutto quelli più motivati e
con aspettative maggiori riguardo al lavoro.
In anni più recenti, sono state molte le conseguenze attribuite al fenomeno:
- reazioni d’esaurimento emotivo a carichi di lavoro percepiti come eccessivi;
- perdita di interesse per le persone con cui si lavora in risposta allo stress lavorativo;
- disaffezione al proprio lavoro caratterizzato da delusione, insofferenza, intolleranza, sensazione di fallimento, perdita di interesse e di entusiasmo.
Può colpire chiunque!
Occorre però precisare che il burnout non colpisce solo le persone impegnate in professioni socio sanitarie, tutte le attività lavorative implicano contatti interpersonali e quindi un certo livello di tensione.
Cosa succede a livello comportamentale?
L’individuo affetto da burnout svilupperà una o più reazioni comportamentali come quelle di seguito descritte:
- Profonda sensazione di stanchezza sia fisica che emotiva
- Atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti interpersonali
- Forte sentimento di frustrazione per mancata realizzazione delle
proprie aspettative - Anedonia
a livello organizzativo invece…
- Aumento dell’assenteismo
- Aumento del turnover
- Calo della performance
- Calo della qualità del servizio
- Calo della soddisfazione lavorativa
In sintesi…
Che siate esposti al pubblico o meno, che lavoriate nel sociale, in ambito sanitario o qualunque lavoro voi facciate, ricordate che l’eccessiva percezione dei carichi lavorativi, la sensazione di essere in perenne ritardo o non soddisfatti di come si lavori, a lungo fa molto male…bisogna parlare con chi ci sta intorno e far si che il lavoro resti il mezzo per condurre una vita serena e non l’unica ragione di vita come la società attuale ci sta portando a credere.
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